lo Cunto de li cunti

Da una novella di Giambattista Basile da “Lo cunto de li cunti. Lo trattenemiento de peccerille” magicamente rivivono le storie de ‘A Vecchia Scurtecata e de Lo Cunto dell’Uerco. L’opera fu pubblicata postuma nel 1634-35 dalla sorella cantante e attrice di salotto Adriana. In lingua dialettale l’opera è un’architettura di storie e novelle, che ha le caratteristiche della novella medievale, ma subisce una trasformazione orientandosi verso toni fiabeschi e attingendo a motivi popolari.

Le 50 fiabe sono collocate in una cornice che segue il modello del Decameron di Boccaccio; l’autore dedicò Lo cunto de li cunti ai membri dell’Accademia Napoletana degli Oziosi. Tra le fiabe più famose vi è la sesta della prima giornata: La gatta Cenerentola è la prima e la più antica versione di Cenerentola, racconto popolare tramandato sin dall’antichità in centinaia di versioni provenienti da diversi continenti. Lo stesso racconto popolare sarà ripreso con diverse varianti dopo alcuni decenni da Charles Perrault e nel XIX secolo dai Fratelli Grimm.

La Napoli di Basile è plebea, miserabile, chiassosa, turpe: taverne, bordelli, bische, malafemmine ed i suoi personaggi si raccolgono con lo scopo di far ridere il lettore.

Basile era un moralista, che vedeva dappertutto i segni del mondo alla rovescia: “buffoni regalati, furfanti stimati, poltroni onorati, assassini spalleggiati, zanettoni patrocinati e uomini dabbene poco apprezzati e stimati”. Basile comprese anche il segreto della favola, il quale non consiste nell’evocazione del meraviglioso e dell’impossibile, ma nella costruzione di un universo perfettamente geometrico, dove le azioni e le reazioni vengono ripetute con una astratta precisione, come nella La serva d’aglie, I sette colombielli, Le Tre Fate e Ninnillo e Ninnilla, Vardiello.

C’era una volta, ma forse era ieri, una sera all’insegna del teatro del ‘600 in pieno stile barocco napoletano… ma questa è una favola da far rivivere solo se stiamo insieme.