S. Patrizia

Patrizia di Costantinopoli è stata una religiosa bizantina, patrona della città di Napoli che liquefa il sangue tutti i martedì.

Sembra sia nata nel 664, discendente dell’Imperatore Costantino e secondo alcuni, congiunta di Costante II (668-685). Costante tentò di imporle con la forza il matrimonio ed ella decise di abbandonare il lusso familiare per sposare uno stile di vita sobrio e improntato alla semplicità, riparando a Roma con la sua nutrice Aglaia per ricevere dal Papa la consacrazione verginale.

Tornata in patria alla morte del padre, lasciò il palazzo imperiale rinunziando ad ogni pretesa dinastica per distribuire la sua eredità ai bisognosi e partire per la Terra Santa in pellegrinaggio; ma durante il viaggio, secondo la leggenda tramandata, finì, naufraga, a Napoli, sull’isolotto di Megaride, nelle cui grotte si sarebbe insediata la sua prima piccola comunità di preghiera e di assistenza spirituale e morale ai bisognosi. Dopo breve tempo dal suo arrivo, morì all’età di 21 anni, il 13 agosto 685 (una leggenda napoletana narra che sia morta il 25 agosto, giorno in cui si celebra la sua ricorrenza liturgica), fu sepolta nell’antico monastero dei Santi Nicandro e Marciano, ma nel 1864 le sue spoglie furono trasferite nel monastero della Chiesa di San Gregorio Armeno e, dal 1922 sono custodite dalle Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucaristia.

Il complesso religioso sorge lungo l’omonima strada, ossia l’antica strada Nostriana che prendeva il nome dal vescovo Nostriano che nel V secolo fondò in zona il primo ospedale per i poveri ammalati, sulle rovine del Tempio di Demetra. Il convento e la chiesa fu abitato da un gruppo di monache basiliane che portarono con loro le reliquie di san Gregorio Armeno, che fu patriarca di Armenia. Col tempo il nuovo edificio religioso assunse i voti della regola benedettina. Sin dalle sue origini il sostentamento del monastero avveniva attraverso diverse attività, tra le quali: grazie a donazioni economiche di famiglie nobiliari napoletane, tramite il pagamento da parte delle stesse di rette mensili utili per ospitare le figlie all’educandato interno al complesso. Dopo il Concilio di Trento, nel 1566 fu stabilito l’obbligo di clausura delle monache.

Dal 1572 il complesso subì un profondo rifacimento ad opera di Giovanni Francesco Mormando per il progetto e Giovanni Vincenzo Della Monica e Giovan Battista Cavagna per le fasi esecutive. I lavori consistettero nella ricostruzione ex novo di tutti i corpi di fabbrica preesistenti, con la realizzazione della nuova chiesa, e nella realizzazione del campanile di San Pantaleone (reliquia che fu lì per molto tempo).

Tra il 1576 e il 1577 intanto viene completata la cupola maiolicata della chiesa e ultimato il chiostro monumentale, nel quale fu rifatta una pavimentazione rialzata rispetto alla precedente, tant’è che la Cappella della Madonna dell’Idra, apparirà invece scavata nel suolo, nel convento altri rifacimenti si avranno col Picchiatti e Dionisio Lazzari.

Per la pavimentazione della chiesa fu chiamato Domenico Fontana mentre per il soffitto casettonato fu decorato da Teodoro d’Errico. Il gusto rococò lo si deve a Tagliacozzi Canale che arricchisce con le grate del coro delle monache, gli stucchi e dorature interne, ma soprattutto con il cosiddetto “coro d’inverno“. Ad arricchire la chiesa tantissimi autori e spiccano soprattutto gli affreschi di Luca Giordano.